Ispirato agli ideali di Gandhi e Vinoba Bhave – la condivisione, l’aiuto reciproco, l’approccio basato sulla partecipazione della gente, l’auto-sviluppo, il benessere di tutti (Sarvodaya) partendo dai più poveri (Antyodaya) – il metodo di ASSEFA NGO è semplice: nulla viene imposto, ma tutto parte dall’ascolto, dal rispetto e dalla comprensione delle necessità dei beneficiari, partendo dai più vulnerabili.
Basato sulla sperimentazione e sulla flessibilità, il metodo ASSEFA NGO promuovere un approccio integrato alle attività e alla vita delle comunità rurali svantaggiate: allo sviluppo economico iniziale si affianca quello sociale e spirituale, per raggiungere l’autonomia attraverso la solidarietà.
La fase iniziale prevede la formazione di una comunità coesa di tutti gli abitanti del villaggio, che imparano a contare sulle proprie forze, a lavorare insieme, a svilupparsi autonomamente pur con mezzi limitati.
Le scelte devono essere condivise da tutti: così viene promossa la costituzione di un’assemblea (Gram Sabha) in ogni villaggio, nel quale ASSEFA NGO opera, a cui devono poter partecipare tutti i suoi abitanti, senza distinzione di sesso, religione o casta.
L’assemblea diviene, quindi, l’asse portante dello sviluppo: decide i progetti da attuare e riceve e amministra i risparmi e i prestiti. Con diversi comitati essa promuove l’agricoltura, la scuola (gestendo anche il sostegno a distanza degli studenti maggiormente svantaggiati), la sanità, l’artigianato, il commercio, la giustizia, la finanza, l’edilizia abitativa, la salvaguardia dell’ambiente.
I principi base del metodo di ASSEFA NGO si possono riassumere:
Dopo l’assassinio di Gandhi (28 gennaio 1948) l’India era politicamente libera dalla dominazione inglese, ma gravata dagli immani problemi di un’economia disastrata, con una popolazione di centinaia di milioni di abitanti, per la maggior parte contadini senza terra da coltivare, costretti a mendicare un lavoro dai latifondisti.
Il gravoso sistema fiscale britannico aveva costretto i piccoli proprietari ad alienare i propri terreni per pagare le imposte, favorendo la concentrazione delle aree coltivabili in poche mani.
È bene ricordare che in India prima della dominazione coloniale inglese la terra apparteneva di fatto a coloro che la lavoravano. Un uomo non poteva essere in senso stretto proprietario della terra, anche perché per l’Induismo la Terra nel suo complesso è una dea (una delle due spose di Vishnu).
Vinoba Bhave prese a cuore la situazione dei contadini senza terra: ispiratore del movimento volontario di riforma agraria Bhoodan (dono della terra), dal 1951 percorse a piedi molta parte dell’India, chiedendo ai proprietari terrieri di donare una parte dei loro terreni, perché venissero assegnati ai contadini nullatenenti.
In 14 anni Vinoba raccolse ben 4.200.000 acri di terra. Al momento dell’assegnazione si scoprì, però, che i contadini assegnatari erano troppo poveri per arrivare al primo raccolto utile.
Nei primi anni ’60 del secolo scorso questo problema divenne noto in Italia e nel 1968 Giovanni Ermiglia – professore di filosofia in pensione di Sanremo e collaboratore del “Movimento Sviluppo e Pace” di Torino – si recò in India per proporre un prestito (oggi si chiamerebbe microcredito) ad un gruppo di contadini assegnatari di terreni bhoodan con l’impegno che, arrivati al primo raccolto utile, avrebbero restituito gradualmente la somma a favore di altri agricoltori.
Con difficoltà, essendo i contadini scoraggiati, ma con l’aiuto prezioso di Loganathan – giovane studente all’Università di Madurai e seguace delle idee di Gandhi – Giovanni Ermiglia riuscì a convincere 25 agricoltori di Sevalur (Tamil Nadu) ad accettare il prestito e coltivare le terre loro assegnate.
Il progetto ebbe successo molto rapidamente e venne replicato e ampliato, dando l’avvio al modello di sviluppo comunitario a spirale (cioè di progressiva aggregazione), che caratterizza tutte le attività di ASSEFA NGO in India.